Pensione di invalidità e accompagnamento non pignorabili

26 Aprile 2016


La pensione di inabilità è pignorabile purché non si scenda oltre il limite necessario a garantire al beneficiario il sostentamento.

Non si può pignorare la pensione di invalidità totale né l’indennità di accompagnamento; si può invece pignorare la pensione di inabilità purché non inferiore ai limiti previsti dalla legge per garantire la sopravvivenza del beneficiario. Lo ha chiarito il tribunale di Padova con una recente sentenza [1].

Il giudice veneto opera una fondamentale distinzione tra:

– pensione di inabilità erogata ai sensi della legge del 1984 [2]: essa va ricompresa tra le pensioni, a carattere previdenziale, di vecchiaia, invalidità e ai superstiti nonché alle comuni pensioni spettanti ai lavoratori. Dunque, il pignoramento segue le regole generali: se il blocco avviene presso il datore di lavoro, esso non può essere superiore a un quinto, che si calcola escludendo il cosiddetto minimo vitale che, dal 2015, corrisponde a 672,76 euro. Tale limite serve per garantire la sopravvivenza del beneficiario;

– pensione per l’invalidità totale e indennità di accompagnamento: esse vanno ricomprese tra i sussidi assistenziali e, pertanto, non possono essere mai pignorate. La pignorabilità è esclusa a priori dal codice di procedura civile [3] solo per i sussidi assistenziali, poiché tesi a garantire il minimo vitale e “reintegrare essenziali espressioni di vita menomate dalla malattia”.

Come del resto ha sancito anche la Corte Costituzionale [4], la pensione di inabilità va ricompresa tra le pensioni, a carattere previdenziale, di vecchiaia, invalidità e ai superstiti, astrattamente pignorabili nei limiti sopra indicati (un quinto, salvo il minimo vitale). Proprio grazie all’introduzione della recente riforma, che ha definito il concetto di minimo vitale, sono ormai superate tutte quelle sentenze che affermavano la impignorabilità delle pensioni di modesto importo, quale quella di invalidità e di inabilità.

In definitiva, afferma il tribunale, la pensione per invalidità civile al 100% come quella per ciechi totali, e la conseguente indennità di accompagnamento hanno carattere non previdenziale ma assistenziale, in quante volte a garantire unicamente il cosiddetto minimo vitale e a reintegrare essenziali espressioni di vita menomate dalla malattia, con conseguente applicabilità alle stesse del regime di impignorabilità.

LA SENTENZA

ORDINANZA
R. V. ha interposto reclamo avverso il provvedimento di data 2 novembre 2015 con cui il giudice dell’esecuzione, a seguito di opposizione proposta dal debitore esecutato, sospendeva la procedura esecutiva introdotta mediante atto di pignoramento presso terzi per la somma di euro 4.089,86.
Il giudice dell’esecuzione condannava altresì V. R. alla rifusione delle spese di lite.
L’odierna reclamante censura la decisione del giudice dell’esecuzione, nella misura in cui ha ritenuto che la pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento siano caratterizzate da finalità assistenziali in relazione allo stato invalidante, con conseguente inquadramento delle stesse tra i sussidi impignorabili di cui all’art. 545 co. 2 c.p.c., salva la espropriabilità ex art. 545 co.1 c.p.c. per causa di alimenti –ipotesi non ricorrente nel caso in esame trattandosi di credito per canoni di locazione.
Invero la parte reclamante afferma che i trattamenti pensionistici erogati al C. dall’Inps, e consistenti in due pensioni per l’importo rispettivo di euro 501,37 -per inabilità lavorativa- e di euro 312,24 -per invalidità civile al 100%- oltre all’indennità di accompagnamento per euro 863,85 andrebbero inquadrati nell’ambito dell’art. 545 c. 7 c.p.c., così come introdotto dall’art.
13 co.1 d.l. 83/2015 (applicandosi la novella alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto medesimo, ossia al 27/6/15) e non, come ritenuto dal giudice dell’esecuzione, nell’ambito del comma secondo della medesima disposizione codicistica. Allega invero per un verso che l’atto di pignoramento è stato spedito a mezzo posta in data 29/6/15 e dunque ricevuto dai destinatari in un momento successivo, e che per altro verso non ricorrono nel caso in esame i presupposti di applicazione di cui all’art. 545 co. 2 c.p.c., riguardante i sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure i sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, enti di assistenza o da istituti di beneficenza. Deduce in particolare il reclamante che, non emergendo dalla motivazione del provvedimento impugnato la condizione di “povero” in capo al C., si dovrebbe ritenere che il giudice abbia considerato l’Inps quale uno degli enti di cui alla seconda parte della norma: tuttavia l’Inps non sarebbe né una cassa di assicurazione, né un ente di assistenza o un istituto di beneficenza; inoltre l’art. 545 co. 7 non distinguerebbe tra le varie tipologie di pensione; infine sarebbe inammissibile una applicazione analogica del secondo comma atteso che la pignorabilità dellepensioni obbligatorie è specificamente disciplinata dal predetto comma settimo. Osserva infine V. R. che anche a voler fare applicazione della disciplina previgente, ossia dell’art. 128 R.d.l. 1827/35, così come modificato ed integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 506/2002, sarebbe possibile il pignoramento anche della pensione di invalidità, nei limiti del quinto, dedotta la quota di minimo vitale assicurata per legge.
Costituitosi, il C. ha allegato che le pensioni di invalidità e inabilità non sarebbero pensioni in senso tecnico e comunque non sarebbero trattamenti pensionistici della assicurazione generale obbligatoria, derivando non da un rapporto di assicurazione sociale, bensì da rendite aventi natura assistenziale, erogate con la stessa decorrenza temporale dei trattamenti pensionistici; esse sarebbero qualificabili come “provvidenze economiche” di cui beneficiano talune categorie di disabili, che, ai sensi della circolare Inps n. 31 del 2.3.2006, possono essere oggetto di pignoramento unicamente per “somme erogate a titolo di prestazione identico a quello per il quale deve essere effettuato il recupero” (in altre parole, ad esempio, “ l’importo dell’assegno mensile di assistenza per gli invalidi civili parziali può essere oggetto di recupero solo per crediti derivanti da pregressa indebita erogazione dellastessa prestazione”)(cfr. pag. 3 memoria difensiva).
Il Collegio:
rilevato che invero il C. percepisce dall’INPS una pensione di
inabilità e una pensione per ciechi assoluti, oltre a una indennità di accompagnamento, dell’importo rispettivo di euro 501,37, euro 312,24 ed euro 863,85 (cfr. docc. nn. 1 e 2 del fascicolo della parte reclamata);
ritenuto che occorra preliminarmente effettuare una distinzione tra trattamenti pensionistici di tipo previdenziale e trattamenti di tipo assistenziale al fine di valutare la pignorabilità delle suddette erogazioni;
ritenuto che invero la pensione di inabilità percepita dal reclamato per euro 501,37 ed erogata ai sensi dell’art. 2 l. 222/1984 (cfr. ancora doc. n. 2 citato) vada ricompresa tra le pensioni, a carattere previdenziale, di vecchiaia, invalidità e ai superstiti, e sia pertanto riconducibile ai trattamenti pensionistici della assicurazione generale obbligatoria, con conseguente astratta pignorabilità della stessa, salvi i limiti di cui si dirà (cfr. l. n. 222/1984 art. 2. cit.: “Pensione ordinaria di inabilita’: 1. Si considera inabile, ai fini del conseguimento del diritto a pensione nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidita’, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti ed autonomi gestita dall’Istituto nazionale della previdenzasociale, l’assicurato o il titolare di assegno di invalidita’ con decorrenza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge il quale, a causa di infermita’ o difetto fisico o mentale, si trovi nell’assoluta e permanente impossibilita’ di svolgere qualsiasi attivita’ lavorativa”); invero la pronuncia della Corte Costituzionale n. 506/2002, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827- che prevedeva la impignorabilità per ogni credito dell’intero ammontare delle pensioni, assegni ed indennità erogati dall’INPS- ha affermato il principio dell’impignorabilità (con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati) della sola parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato i mezzi adeguati alle esigenze di vita e conseguentemente la pignorabilità della residua parte a norma dell’art. 545 cod. proc. civ., nei limiti del quinto della stessa. Peraltro oggi, a seguito della novella del 2015, applicabile ratione temporis al caso in esame, le pensioni, assegni ed indennità erogati dall’INPS sono disciplinati dal comma settimo all’art. 545 c.p.c.; in effetti tale novella ha recepito il richiamato orientamento della Corte Costituzionale, prevedendo che tali somme “non possono esserepignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente l’ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”; ad oggi è dunque prevista la pignorabilità, nei limiti suddetti, anche della pensione di inabilità; tuttavia nel caso in esame la pensione di inabilità percepita dal C. è di ammontare inferiore all’assegno sociale 2015- epoca del pignoramento- aumentato della metà (euro 448,52 +224,26), ossia della soglia impignorabile ex art. 545 co. 7 c.p.c., con conseguente impignorabilità della pensione di inabilità;
ritenuto peraltro che la giurisprudenza citata dalla parte reclamata, che riteneva la impignorabilità, rilevabile anche d’ufficio, delle pensioni di modesto importo, quale quella di invalidità e di inabilità, sia superata, in quanto espressiva della medesima ratio, dall’introduzione del comma settimo citato, in occasione della quale il legislatore ha, si ripete, determinato una volta per tutte quale sia la misura necessaria ad assicurare al pensionato i mezzi adeguati alle esigenze di vita;
ritenuto che, diversamente, la pensione di euro 312,24, percepita dal reclamato, vada ricondotta nel novero delle provvidenze economiche legislativamente stabilite per i ciechitotali, e consistenti in linea generale in una pensione non reversibile, istituita con l. n. 66/1962, successivamente modificata dalla l. 33/80 e dalla l. 508/1998 (richiamata dal citato doc. 1 del fascicolo della parte reclamata) e in una indennità di accompagnamento, anch’essa percepita dal C. per euro 863,85; trattasi di erogazioni a carattere non previdenziale ma assistenziale, in quanto volte a garantire unicamente il cd. minimo vitale e a reintegrare essenziali espressioni di vita menomate dalla malattia, con conseguente applicabilità alle stesse (pensione per ciechi totali e indennità di accompagnamento) dell’art. 545 co. 2 c.p.c., ed impignorabilità dei relativi importi;
ritenuto peraltro che nel caso di specie sia inconferente la circolare Inps, menzionata dal reclamante, n. 31 del 2006, atteso che la stessa riguarda la disciplina dei limiti e delle modalità di recupero da parte dell’Istituto delle somme indebitamente erogate dall’istituto medesimo, fattispecie del tutto differente da quella in esame e soggetta a peculiare disciplina;
ritenuto che pertanto il reclamo vada rigettato, con condanna alle spese della reclamante soccombente;
P.Q.M.
Rigetta il reclamo;
Condanna V. R. a rifondere a C. Fra. le spese di lite, che si liquidano in euro 750,00 per compensi, oltre 15% per spese generali e accessori ex lege.
Sicomunichi.
Padova, 14.1.16
Il Presidente
dott.ssa Maria Antonia Maiolino

chiudi
[1] Trib. Padova, ord. del 14.01.2016.
[2] L. n. 222/1984, art. 2.
[3] Art. 545 cod. proc. civ.
[4] C. Cost. sent. n. 506/02.

Fonte: http://www.laleggepertutti.it/118853_pensione-di-invalidita-e-accompagnamento-non-pignorabili#sthash.uFRBWPLO.dpuf

Foto: http://www.invalidi-disabili.it/2012/01/benefici-economici-per-ciechi-civili-ed-ipovedenti/

 

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