È quanto ha stabilito il giudice nella pronuncia in commento.

Nel caso all’esame, un legale depositava istanza per la liquidazione del patrocinio a spese dello Stato, tenuto conto della intervenuta definizione del procedimento nella medesima udienza.

Osserva il giudice che “per effetto della nuova disciplina, il decreto di pagamento (pronunciato con atto separato e distinto dalla sentenza: v. Cass. Civ. 7504 del 2011) deve intervenire contemporaneamente alla pronuncia del provvedimento definitivo del giudizio, a seguito di rituale istanza del difensore” (art. 83 d.P.R. 115 del 2002), vincolando il giudice al principio della domanda.

Ne consegue che con il provvedimento che chiude il giudizio davanti a sé, il giudice si spoglia della potestas decidendi e non può più provvedere alla liquidazione, avendo perso il relativo potere. In sostanza, in mancanza di un’espressa istanza, il magistrato non potrà liquidare d’ufficio i compensi che spettano agli avvocati delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato. Anzi, l’eventuale provvedimento giudiziale di liquidazione del compenso erariale è, per la giurisprudenza prevalente, illegale o comunque abnorme.

Tuttavia, precisa giustamente il giudice, il difensore non decade dal diritto al compenso, potendo richiederlo con procedimento ordinario o con ingiunzione di pagamento, allegando tutti i documenti che dimostrano le circostanze necessarie per l’accoglimento della domanda, come avvenuto nella fattispecie.