Ratio e precedenti
Giova premettere che, normalmente, il criterio di ripartizione dei costi per le spese del ricoverato in RSA è questo:
–quota sanitaria a carico della Asl
-quota sociale/alberghiera a carico dell’utente o, nel caso di incapienza dello stesso, del Comune.
La differenza di prestazioni
L’articolo 1 del DPCM 8 agosto 1985 precisa che sono “attività di rilievo sanitario quelle che richiedono personale e tipologie d’intervento proprie dei servizi socio assistenziali purchè siano diretti immediatamente ed in via prevalente alla tutela della salute e si estrinsechino in interventi a sostegno dell’attività sanitaria di cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo”. Non rientrano tra queste quelle“esclusivamente socio assistenziali”, in particolare i ricoveri in strutture protette meramente sostitutivi dell’assistenza familiare, ove il personale svolge meramente una attività di mera assistenza e sorveglianza.
Il DPCM 14.2.011 ha distinto tra:
a) “prestazioni sociali a rilevanza sanitaria”: di competenza dei Comuni con partecipazioni alla spesa da parte dei cittadini
b) “prestazioni socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria” a carico del SSN.
Nel caso della persona con patologia grave di Alzheimer, questa distinzione tra le prestazioni diventa molto labile, pertanto si parla di prestazioni socio sanitarie ad alta integrazione sanitaria, ossia a preminente carattere sanitario, il che le rende di competenza sia tecnica che economica del Sistema Sanitario.
IL CASO DI MONZA – Nel caso in oggetto, la figlia di una donna con Alzheimer ricoverata in una RSA era stata chiamata dalla struttura a pagare la retta di ricovero (ben 39.274,66 euro), che la donna si era impegnata a pagare, con un accordo, nel caso in cui la madre non fosse stata in grado di coprire le spese. Il tribunale ha stabilito che la donna non è tenuta a pagare nulla e che, anzi, le spetta un rimborso di quanto versato. Il nodo sta nella tipologia delle prestazioni fornite alla ricoverata. Come si può leggere nella sentenza, tra le motivazioni addotte dal tribunale, vi è il fatto che la persona avesse bisogno non solo di una mera assistenza e sorveglianza ma, come comprovato dai documenti prodotti, le sue gravi condizioni di salute avessero richiesto prestazioni anche sanitarie, oltre che socio assistenziali. A questo punto la competenza passa al SSN che è tenuto a coprire tali costi.
RIMBORSO DI QUANTO GIÀ VERSATO DALLA FAMIGLIA – In aggiunta a questo, il Tribunale ha definito nullo l’impegno sottoscritto dalla famigliadi provvedere al pagamento giornaliero della retta dell’anziana donna nel caso in cui lei non fosse stata in grado di farvi fronte. Il richiamo qui è a un caso analogo del 2012 e relativa sentenza della Cassazione.
La sentenza si conclude infine con la condanna al pagamento delle spese a carico del soccombente, e con il rimborso di quanto indebitamente corrisposto alla RSA da parte della famiglia della ricoverata.
RIFERIMENTI NORMATIVI – Come detto, non si tratta della prima pronuncia con questo orientamento. Con la sentenza n. 617/2017 dello scorso 23 febbraio 2017 il tribunale di Monza si uniforma a questa tendenza già tracciata dalla Cassazione, che in precedenti pronunce era giunta alla medesima conclusione. Per tracciare una sorta di percorso, queste le “tappe normative”:
– art. 30 della legge 730 del 1983 e successive modificazioni,
– Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 1003 del 1993 e
– Sentenza della Corte di Cassazione la n. 4558 del 2012 (di cui abbiamo parlato qui)
– Sentenza della Corte di Cassazione n. 22776 del 2016.
Il recente caso sottoposto allattenzione della Cassazione.
Tutto è iniziato con il ricorso presentato da una signora romana, Alessandra. Il padre, negli ultimi anni della sua vita, aveva dovuto lottare contro l’Alzheimer e Alessandra, suo malgrado, aveva deciso di farlo ricoverare in una residenza sanitaria assistenziale. Una scelta difficile anche dal punto di vista economico: nei quasi tre anni di ricovero, la donna ha dovuto pagare, a titolo di compartecipazione, circa 13mila euro. Per questo, quando tutto è finito, ha deciso di agire in giudizio.
Nel suo ricorso ha chiesto un risarcimento pari all’ammontare delle spese sostenute per le rette della clinica. Il Tribunale di Roma ha accolto la sua richiesta e ha condannato la Regione Lazio anche a liquidare gli interessi. Per i giudici, infatti, le spese per servizi forniti ai pazienti affetti da Alzheimer devono essere configurate come prestazioni di «carattere sanitario», un impegno economico a carico del Servizio sanitario nazionale.
LA DECISIONE
La decisione del Tribunale si basa su una sentenza di piazza Cavour, che ha stabilito l’impossibilità di distinguere, in caso di Alzheimer, tra «le quote di natura sanitaria (a carico della Regione) e quelle di natura assistenziale (a carico dei pazienti), stante la stretta correlazione, con netta prevalenza delle prime». Tradotto: i costi del soggiorno in Rsa, in questo caso, sono totalmente a carico dello Stato.
La Regione dopo essere stata condannata al risarcimento in Tribunale non ha impugnato la sentenza, ma non ha neppure rivisto il proprio regolamento sanitario e adesso sono tante le famiglie dei malati pronte a far valere i propri diritti. Intanto, per chi vive quotidianamente il dramma, non è cambiato nulla: le rette per le degenze sono a carico dei parenti. Chi non riesce a saldare il conto vive con il terrore di vedersi recapitare da un momento all’altro un’ingiunzione di pagamento.
La class action.
La class action è già partita. Le famiglie lasciate sole ad affrontare la malattia, e a pagare per anni quasi duemila euro al mese per garantire assistenza ai parenti affetti da Alzheimer, adesso chiedono di essere risarcite. Perché la Cassazione ha stabilito che i costi devono essere sostenuti dallo Stato. Così la Regione Lazio rischia adesso di dover rimborsare migliaia di cittadini per le spese di degenza delle rette nelle Residenze sanitarie assistenziali. Dieci cause sono già incardinate al Tribunale civile di Roma, ma sono oltre cento le adesioni arrivate finora sul tavolo dell’associazione “Avvocato del Cittadino”, promotrice dell’azione collettiva.
Fonti: http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/cure_per_alzheimer_gratuite_per_tutti_svolta_cassazione-3534249.html
https://www.disabili.com/legge-e-fisco/articoli-legge-e-fisco/ricovero-rsa-malati-gravi-alzheimer-la-retta-e-a-carico-del-sistema-sanitario